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‘Lisario o il piacere infinito delle donne’, di Antonella Cilento

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Il libro che ci ha riunito nell’ultimo incontro Un libro un  mese è stato Lisario o il piacere infinito delle donne, di Antonella Cilento. La scrittrice è nata nel 1970 a Napoli dove vive e lavora. Ha scritto numerosi testi per il teatro, racconti su riviste e antologie e il libro di racconti Il cielo capovolto. Collabora con Il Mattino di Napoli e ha realizzato racconti per Rai Radio Tre. Ha ideato e conduce il Laboratorio di scrittura Creativa Lalineascritta dal 1993 presso associazioni, librerie, scuole di ogni ordine e grado, forma insegnanti e studenti in tutt’Italia. Ha scritto numerosi testi per il teatro e cortometraggi per Mario Martone e Sandro Dionisio. Coordina il progetto SudCreativo, ha realizzato convegni su Pier Vittorio Tondelli e la scrittura creativa nel Sud d’Italia, rassegne di autori contemporanei ed è responsabile del portale www.lalineascritta.it con il quale conduce programmi di formazione e laboratori online.

Il romanzo ci parla di luoghi, di personaggi, di credenze, di religione, di politica… Ci sono alcuni personaggi storici, possiamo vedere palazzi del Seicento, anche chiese napoletane. È sempre presente il Vesuvio, la baia, il mare, le grotte… Napoli, ha una magia difficile da dimenticare. È un luogo dove sembra che il tempo abbia una dimensione diversa.  Un po’ al margine della modernità. L’autrice spiega che ogni romanzo che aspiri ad essere opera deve calarsi in un’epoca, in un ambiente, nel dettaglio del quotidiano. Questa volta ha scelto il Seicento perché proprio in questo secolo si annunciano i disastri del nostro presente.

Le interessa molto quest’epoca per il forte contrasto tra luce e ombra narrato dalla pittura che si riflette nella storia politica ed economica,

Foto: blog.graphe.it

tragiche tutte e due. L’arte napoletana assume una dimensione più forte e radicata solo a partire dal Seicento, quando diversi importanti pittori si fanno eredi della lezione del Caravaggio, che proprio a Napoli tra il 1607 e il 1610  soggiorna e sviluppa la sua arte. È il secolo di Cervantes, della politica cortigiana e vile, così tristemente simile alla nostra. Ci sono abusi di potere, imperi globali. È il tempo delle rivolte. È il secolo dove il corpo della donna viene esibito senza veli, erotico e sottomeso, abbondante poiché la grassezza indica riccheZza e sopravvivenza a epidemiE, guerre e carestie. È anche il secolo in cui nasce la scienza, che diventerà una nuova religione.

Ma se parliamo di Napoli non possiamo dimenticare il Vesuvio. Nel 1631 dopo numerosi eventi premonitori quali rigonfiamento del suolo, piccoli terremoti, all’alba del 16 dicembre il Vesuvio rientrò in attività dopo un periodo di riposo di 130 anni.  E se  parliamo del Seicento a Napoli dobbiamo parlare senza dubbio della peste. Quella del 1656 fu un’epidemia che colpì parte dell’Italia, in particolare il Regno di Napoli. A Napoli pare fosse arrivata dalla Sardegna ed il tasso di mortalità oscillò tra il 50 e il 60% della popolazione. Napoli da una popolazione  di 400.000 abitanti si ridusse ad averne circa 160.000 abitanti.

Per la Cilento, la donna è stata sempre una bella addormentata, per volontà maschile. Le donne del Seicento, aristocratiche o borghesi che fossero, avevano come unica prospettiva quella di diventare buone mogli. Fin da piccole venivano avviate agli atti di pietà e venivano istruite sulla religione e sul culto. Se non si sposavano venivano mandate in convento (questo a volte non accadeva per le donne di basso ceto e quelle campagnole), ed era lì che imparavano le arti “obbligatorie” per le donne del tempo. Il matrimonio, comunque, era il principale (e unico, escludendo il convento) obiettivo della donna. Le donne che non si sposavano rimanevano nella casa dei genitori, ed erano forse anche più libere. La concezione diffusa era che le donne fossero portatrici di peccato e di conseguenza l’educazione femminile decadde notevolmente, giacchè si riteneva socialmente inutile o addirittura dannosa l’immagine della donna colta, mentre,  in età rinascimentale, si potevano ancora incontrare donne emancipate, capaci di condurre una vita indipendente, dotate di una buona cultura umanistica, dedite alla poesia o al teatro ed apprezzate da uomini di valore.

Salvatore Rosa.

Tuttavia, anche nel periodo compreso tra il XVI e il XVII secolo, non si rinunciò del tutto a garantire un minimo di educazione alle giovani donne. La protagonista del nostro romanzo, Lisario, prende voce con la scrittura e l’erotismo, due armi, una nascosta e vietata, e l’altra esibita e spiata. Vince ridendo degli uomini: la cosa che gli uomini sopportano meno. Lisario è una donna d’oggi, una perfetta rappresentante del secolo delle preziose, delle signore che iniziano a scrivere in Francia e che, non a caso, scrivono favole.

Antonella Cilento ha scritto questo romanzo nell’arco di tre anni perché tutto quello che racconta  è stato verificato nei documenti. Infatti, ci sono un sacco di personaggi storici veri: Cervantes, Masaniello, Caravaggio, Gil Blas di  Santilana e pittori come Ribera, Salvatore Rosa, Michael Sweerts…L’unico che non è reale è Jacques Comar, ispirato in un pittore vero: Trophime Bigot (il vero e autentico maestro delle candele).

Secondo una delle nostre alunne, Lisario è un romanzo di avventura, molto vicino alla maniera in cui si scriveva nel Seicento. Lisario diventa un’icona della condizione femminile in quel tempo. La donna doveva essere muta e, nonostante Lisario lo sia in modo físico e reale, riesce a esprimersi e ad avere voce

I capitoli brevi fanno di Lisario un libro di lettura amena e facile. Il romanzo è un appassionato viaggio per la geografia fisica e sociale della Napoli del Seicento. È un’opera piena di momenti fotografici, di luce, d’ombra, di tenerezza, di passione, d’amore, di gelosia, di paura,  di violenza, di traditori, di rimorsi religiosi, di giustificazioni personali, di fame, di rivolta e paura e alla fine un’altra volta d’amore. La donna nella storia della civiltà è sempre stata subordinata all’uomo. Le differenze tra i due sessi portano il sesso maschile a prevalere su quello femminile occupando un ruolo privilegiato all’interno della società. La donna fino dai tempi antichi è stata posta in una condizione di inferiorità evolvendosi in una società essenzialmente misogina. Molti pregiudizi che vivono ancora oggi nell’immaginario collettivo hanno radici molto lontane e sono stati influenzati dal pensiero di molti filosofi, letterati e politici. Possiamo trovare molte pagine dove sempre appare la forza del forte che sottomette il debole. Il libro è una fiaba che ha al centro la scoperta un po’ scandalosa del piacere femminile. Secondo i nostri studenti, questo romanzo ha infinite letture, si può analizzare da molti punti di vista, tra commedia e tragedia. Domina l’ironia.  È una meravigliosa favola per adulti. A lezione, questa volta ci sono due opinioni ben diverse: il libro è piaciuto moltissimo o non è piaciuto per nulla, fino al punto di produrre un certo ribrezzo per la sua crudeltà nelle descrizioni. Tra quelli a cui è piaciuto si sentono dire cose come che è un libro molto originale, molto teatrale e comico. Ci sono immagini bellissime nelle descrizioni, nonostante la miseria degli ambienti. Tra quelli a cui non è piaciuto per niente è un libro pesante, con troppe storie intrecciate e non credibile. Soprattutto non è piaciuto quel misto tra storia e favola.

Come curiosità, un altro allievo ci spiega il legame di questo libro con l’Aragona. Non solo nel periodo storico che racconta dove la corte spagnola era a Napoli, ma perché la copertina del libro è di un pittore di Saragozza: Dino Valls (Zaragoza, 1959), laureato in Medicina e che abita a Madrid

Marga Valiente


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