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‘Vento largo’, di Francesco Biamonti

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Continuano i nostri incontri mensili di Un libro, un mese. Abbiamo iniziato l’anno 2015 con la lettura di Vento largo, di Francesco Biamonti.  In uno dei nostri due gruppi di lettura, gli studenti che hanno fatto la presentazione del libro hanno messo un bel titolo per spiegarlo agli altri: La tavolozza impressionista di Vento largo. Infatti, il libro è stato visto come una pittura letteraria. È un libro da vedere da lontano proprio come succede con un quadro impressionista. È stato fatto  un collegamento tra Biamonti e gli impressionisti, in modo particolare con Cézanne, perché non si può  scrivere questo libro se non si conoscono gli impressionisti.  È un romanzo del paesaggio e una metafora della Liguria piena di luce e colore negli anni 50/60 del Novecento.

Il tema dominante è la malinconia che urla in tutto il romanzo. Lo stile è molto poetico e lirico. Francesco Biamonti ci fa sentire attraverso le sue descrizioni la sua maestria. Sembra un libro susurrato dove il vero protagonista è il paesaggio. La storia di Varí e Sabél è una nebulosa. Entrambi rappresentano il passato e la memoria. Si parla di un mondo chiuso, sospeso, al confine con l’irrealtà. Nella domanda che all’inizio fa Sàbel a Varì: “Che cosa ricordaresti di se me ne andasse?” e, nella riposta che gli da Varì: “Cercherei di non ricordare niente” si riassume tutto l’argomento del libro. Il sentimento che tutto sparisce. Fuggire per ricercare non si sa che cosa, la solitudine del protagonista. La sua storia è un enigma, una nebulosa. Volere e non potere. Un’illusione e una delusione. Secondo il parere di nostri alunni, i temi fondamentali di questo romanzo sono: la fuga, la solitudine e la ricerca di qualcosa. Come abbiamo già detto, in realtà, il personaggio fondamentale è il paessaggio: la luce diffusa tra ulivi e il vento fresco sono i protagonisit veri di tutto il romanzo.

I nostri studenti hanno nominato un sacco di frasi, pennellate impressioniste, che li hanno colpiti. Una si trova già nella prima pagina e ci cattura per il resto della lettura: “Nelle pause della brezza il silenzio si posava sul silenzio”. Ma ci piacerebbe anche scriverne altre come: “il fremito di qualche albero non scioglieva, anzi accentuava la solitudine”; “Se ne andavano per il cielo, intorno al quarto di luna, certe nuvole leggere”; “Era una sera vaporosa e una grande dolcezza, che nessuno vedeva, bagnava il paese”; “Tornato il bel tempo, rimase nel cielo una frangia di freddo”.

Vento largo è il secondo romanzo di Francesco Biamonti, pubblicato nel 1991. Ha ottenuto  riconoscimenti come il Premio Comisso, il Premio Flamalgal e il Premio Città di Gaeta.

Vento largo e le nostre opinioni 

Secondo Francesco Biamonti, il vento largo “è un vento che non soffia mai nella stessa direzione e di conseguenza disorienta molto… È come il vento della vita che ti sospinge prima da una parte, poi da un’altra…“. La storia che si racconta nel libro è una storia che non si chiude. Sembra una barca che oscilla nel mare. I nostri lettori hanno trovato echi di “Il volo della martora” (Mauro Corona) e “La lluvia amarilla” (Julio Llamazares) in queste pagine. Si può dire che durante la lettura ci manca l’azione, che la trama è molto leggera. I suoi sono personaggi di vento, che vanno e spariscono. Per alcuni il libro è estremamente triste, troppo triste, per altri è semplicemente malinconico, ma mai triste.

Altre opinioni che si mettono sopra il tavolo durante il nostro incontro sono un sacco di dubbi sulla storia che Biamonte ci vuole raccontare, sull’argomento: in che epoca si svolge l’azione? (non ci sono riferimenti temporali in tutto il libro), perchè si dedicavano al contrabbando di persone e droghe?, chi sono i veri protagonisti? …Il lettore deve indovinare le cose. Non c’è un filo conduttore. Si racconta la vita, la routine. Sono scene della vita senza continuità né argomento proprio. Invece tutti sono d’accordo nel dire  che le descrizioni sono bellissime. La descrizione della solitudine attraverso i paesaggio dei paesi vuoti, il vuoto nelle vite dei personaggi …

È un libro molto esistenzalista, infatti  uno dei riferimenti letterari dell´autore è Albert Camus . La vita va, ci sono storie, persone, ma senza controllo sulle sue azioni. Sul pessimismo presente in tutto il libro, alcuni ritengono che nelle descrizioni non si vede la prosperità della Costa Azzurra, dove si svolge l’azione, tutto il contrario, si percepisce soltanto miseria e povertà. Per altri invece, le descrizioni che fa Biamonte ti fanno vedere la luce è la vivacità. Per altri alunni ancora, è un piccolo capolavoro di uno scrittore che finora non conoscevano. Poetico, una scoperta piacevolissima. Un libro fragile e delicato, intriso dei profumi del mare, della notte. La parola che diventa paesaggio e musica. Un piccolo gioiello. Un capovoloro. Una scrittura d’acqua e luce. Delicato, fresco, autentico, come una carezza del vento, affilata come la lama di un bisturi.

L’autore

Biamonti era un grande amante della musica, della pittura e del cinema francese. Questo amore per la pittura si vede soprattutto nelle descrizioni che fa del paesaggio nel romanzo, vero protagonista della storia. Questo non è un libro autobiografico perché a Biamonte non piaceva parlare su di sé. Ha cominciato a scrivere tardi, già cinquantenne. Il suo primo libro appare nel 1983 e, il secondo libro Vento largo appare nel 1991. Francesco Biamonti è nato a San Biagio della Cima, in provincia di Imperia, il 3 marzo del 1928 e là ha vissuto quasi sempre, in una casa che in passato era stata un fienile, e che ha trasformato nel corso degli anni in una vera e propria officina, dove ha svolto il suo mestiere di scrittore senza orari e ritmi di lavoro prestabiliti, ma con passione e concedendosi solo a pochi e fidati amici.

Il giovane Biamonti inizia a frequentare la “Piccola Libreria” di Maria Pia Pazielli. Consigliera attenta e discreta  svela a poco a poco la sua cultura di impegno etico e religioso e la conoscenza dei poeti del ‘900 e dell’800 europeo. Interessato soprattutto alla letteratura decadente, la libreria diventa anche luogo adatto per favorire gli incontri e i rapporti fra letterati e artista. Son le letture, simbolo di una vita fatta più di silenzi che di cose dette, a formare davvero Francesco Biamonti in un periodo, come quello che verrà di seguito segnalato, ricco di iniziative. Lontano dalla chiacchiera e dalle accademie, egli, studia e riflette continuamente, per accettare o rifiutare idee meditate a lungo. I suoi studi contrariamente alle sue attitudini e alle sue aspirazioni, sono stati di natura esclusivamente tecnica.

Il diploma, però, in Ragioneria e il successivo impiego in banca, nonché la parallela attività di scrittore o, a voler essere precisi, la concezione della scrittura avvicinano Francesco Biamonti ad Italo Svevo, nel senso che le loro esperienze giovanili non si differenziano molto e seguono, anche se in contesti e periodi completamente differenti, percorsi similari. Altro punto di contatto tra i due grandi scrittori del Novecento è l’interesse per le idee socialiste che in Biamonti si tradusse per diversi anni in assidua e fattiva militanza politica. Va anche precisato che l’esperienza bancaria mentre per Svevo durò diciotto lunghi anni ed influì sulla sua vita e sulla sua produzione (“Un inetto”), in Biamonti attraversò il cielo della sua esistenza con la velocità di una meteora; dopo una sola giornata di lavoro, stressante ed alienante – almeno così a lui era parsa – non mise più piede in banca; era uno spirito troppo libero per accettare la tirannia di un orario opprimente e di un lavoro snervante e ripetitivo.

Pensa che la sua vita sia da cancellare e il suo paese  insignificante. Lui diceva di se stesso:  “Forse, come tutti quelli che provengono da una piccola proprietà contadina, sono un anarco-conservatore“. Dai suoi romanzi non si possono trarre indicazioni sui rapporti scrittore-vita e lo stesso Biamonti è sempre stato reticente a parlare di sé; in un’intervista rilasciata a Paola Mallone ha detto testualmente: Mi piace non dire niente; io sono da cancellare; la mia vita non conta nulla; i miei natali non hanno importanza; il mio paese è insignificante” Sappiamo, tuttavia, che amava la musica sinfonica, le arti figurative ed il cinema francese (Bresson; Bécquer; Melville e Truffaut), amori che hanno riempito le sue giornate e nutrito il suo spirito, desideroso di effusione.

Il suo ultimo romanzo Le parole la notte, è dai più considerato il suo capolavoro. Accanito fumatore – è difficile ricordarlo senza la sigaretta tra le labbra o tra le dita ingiallite dalla nicotina – si è spento il 17 ottobre del 2001, nel pieno del suo vigore creativo, consumato da un cancro ai polmoni, mentre lavorava ad un altro romanzo Il silenzio, uscito postumo ma incompleto nel marzo del 2003.

(Marga Valiente)

 


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