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‘Cinque storie ferraresi’, di Giorgio Bassani

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L’attività Un libro, un mese della Dante Zaragoza continua  con il libro Cinque storie ferraresi, di Giorgio BassaniLo scrittore ferrarese ci racconta cinque storie collegate fra di sé e ambientate nella sua città, Ferrara, che diventa un personaggio in più del racconto. Questa raccolta di racconti (Lida MantovaniLa passeggiata prima di cenaUna lapide in via MazziniGli ultimi anni di Clelia Trotti e Una notte del ’43) valse a Bassani il Premio Strega 1956. Dal quinto racconto, Una notte del ’43, nel 1960 fu tratto il film La lunga notte del ’43, diretto da Florestano Vancini.

Le Cinque storie ferraresi risalgono agli anni ‘40, furono tutte pubblicate prima in rivista (Botteghe oscure e Paragone) e costituirono il tormentato inizio della carriera letteraria di Bassani che aveva, però, già pubblicato raccolte di poesia nel 1945 (Storie di poveri amanti e altri versi). In questi racconti, nati “con stento”, come ha scritto Bassani, e in gran parte per caso, troviamo la poetica dell’autore: da qui nacque in lui l’idea di trattare Ferrara come se fosse un personaggio e anche di entrare, in prima persona, all’interno delle opere successive, con tratti autobiografici, riflessioni, considerazioni personali. Da questo primo nucleo prese dunque avvio l’intero Romanzo di Ferrara di cui ricordiamo i racconti più amati come Gli occhiali d’oro (1958) e Il giardino dei Finzi Contini (1962).

Nelle cinque storie le riflessioni sulle leggi razziali, sugli ebrei, sul fascismo si impongono già con grande lucidità. Non dimentichiamo che Bassani era stato arrestato nel ‘43 per attività antifascista e che partecipò alla Resistenza. Sorprendente è la rilettura di Una lapide in via Mazzini, dove assistiamo alla comparsa in città di Geo Josz, “il ragazzo ferrarese ed ebreo. Reduce lui solo (sono parole di Bassani), dall’inferno dei campi di stermino nazisti, scomodo testimone di una coscienza antifascista, mentre di fatto la città va riassestandosi secondo le vecchie logiche di potere, mercantile e politico, di prima della guerra.  In comune le cinque storie hanno una sorta di dolente consapevolezza e l’ambientazione indimenticabile: Ferrara, cittadina di provincia che qui assurge a simbolo di un’intera nazione, avvolta dal pesante panneggio scuro del fascismo.

Bassani ci porta nell’animo di questa gente, “per il resto, quasi sempre per bene”: la ragazza madre Lida Mantovani; il dottor Elia Corcos in perenne scontro con la moglie; il sopravvissuto al lager Geo Josz; la vecchia socialista Clelia Trotti, lasciata morire in carcere… Storie diverse eppure vicine, accomunate dalla difficoltà con la quale i protagonisti si adattano a una provincia italiana che da un lato consola, dall’altro respinge qualunque cosa non le sia propria. Persone comprese.

A tutti i nostri alunni che partecipano nell’attività Un libro, un mese il libro è apparso uno dei più ostici e difficile da leggere, non per il suo lessico, ma per la sua sintassi e la complessità della sua struttura, con i numerosi incisi e digressioni che l’autore introduce nelle storie e la mancanza di dialoghi. Il particolare stile di Bassani, lento, denso, a volte non è simpatico al lettore. È come se il racconto vagasse nella fitta e caratteristica nebbia della Ferrara natia dello scrittore.

Parlare di Bassani è parlare della comunità ebraica italiana (più concretamente ferrarese) e delle sue visicitudini vissute prima, durante e dopo il conflitto mondiale degli anni 40. Gli ebrei costituivano l’alta borghesia di questa città della pianura padana. Una società chiusa in se stessa, pettegola, con molti pregiudizi, ma pienamente integrata nel tessuto sociale del luogo e senza grandi problemi prima delle leggi raziali promulgate dal governo di Mussolini.

Bassani non ci va sul sottile con i suoi concittadini ebrei, è molto critico con loro, accusandoli, quanto meno, di ipocrisia e il suo fare finta di niente con i fatti accaduti nella prima metà del secolo scorso. Si tratta di un racconto sulla memoria di Ferrara, come già fece lo scrittore nella sua opera più celebre, Il giardino dei Finzi-Contini, dando voce agli abitanti della città, che soffrirono le atrocità degli anni dell’occupazione nazista in Italia.

Giorgio Bassani nasce il 4 marzo l916 a Bologna, dove i genitori, Enrico e Dora Minerbi, si erano temporaneamente trasferiti. La famiglia è ferrarese da parecchie generazioni e appartenente alleata della borghesia ebraica. Il padre è medico, pur non avendo mai esercitato, e mantiene il nucleo familiare con la rendita derivante da alcune proprietà terriere; la madre segue delle lezioni di canto fino al matrimonio. Durante gli anni della guerra partecipò attivamente alla Resistenza e conobbe anche l’esperienza del carcere nel 1943 si trasferì a Roma, dove visse per tutta la vita  fino al 2000. È significativo che fu proprio lui ad appoggiare presso l’editore Feltrinelli la pubblicazione de Il gattopardo, romanzo  segnato dalla stessa visione liricamente disillusa della storia che si incontra anche nelle opera dell’autore de Il giardinno dei Finzi Contini.

Bassani lavorò anche nel mondo della televisione, arrivando a ricoprire il ruolo di vicepresidente della Rai; ha insegnato nelle scuole e fu anche docente di Storia del teatro presso l’Accademia d’Arte Drammatica di Roma. Partecipò attivamente alla vita culturale romana collaborando a varie riviste. Va inoltre ricordato il suo lungo e costante impegno come presidente dell’associazione Italia Nostra, creata in difesa del patrimonio artistico e naturale del Paese. Bassani raggiunse il grande successo di pubblico con Il giardino dei Finzi Contini (1962). Le opere successive dello scrittore, che ruotano tutte intorno al grande tema geografico-sentimentale di Ferrara sono Dietro la porta (1964), L’Airone (1968), L’odore del fieno (1973), riunite nel 1974 in un unico volume insieme con il romanzo breve Gli occhiali d’oro, dal significativo titolo Il romanzo di Ferrara. Dopo un lungo periodo di malattia, segnato anche da dolorosi contrasti all’interno della sua famiglia, Bassani si spense a Roma il 13 aprile del 2000. 

(Marga Valiente)

 


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